Il piacere della memoria

Il piacere della memoria

Il piacere della memoria

Pubblicato da I.R.I.S. Edizioni nel 2013.
«Diceva Madre Teresa di Calcutta: «Trova il tempo di essere amico: è la strada della felicità». “Trovare il tempo” dice la “santa degli ultimi”: il fatto (negativo, purtroppo) è che oggi di tempo pare ce ne sia sempre meno e, se pur c’è, è sempre inferiore alle aspettative. Non a caso qualcuno, più scettico di altri, si domanda se sia lecito parlare anche di questo valore, di questo sentimento come nel passato. In una parola: l’amicizia esiste ancora? Giorgio Calcagno, Francesco Terrone e Aldo Jatosti hanno risposto affermativamente: l’amicizia esiste, eccome! E coloro che la vivono meritoriamente possono considerarsi doppiamente fortunati e ricchi. Obiettivo di questo volumetto è celebrare l’amicizia lato sensu, e quella tra Calcagno e Terrone in particolare, con la poesia, che è lo specchio delle nostre anime. Però può capitare che la superficie dello specchio a volte sia appannata e così la visione non sempre risulta nitida, e con essa l’amicizia e l’amore, giacché i due sentimenti sono strettamente legati da un’unica origine linguistica. Questa ricchezza, questa sovrabbondanza nella più innocente delle ipotesi può offrire occasioni di sconfinamenti da un sentimento all’altro, più o meno inconsapevolmente: il discrimine, del resto, è molto, molto labile. Su questa invitante ambiguità un po’ colpevolmente finora il poeta giuoca quando invita “lei” a fingere: «Se riesci/ a controllare/ le tue emozioni/ fingi…/ oppure/ non ami/ abbastanza» (Fingere, 30ª composizione). E spingendo l’affascinante equivocità semantica, assurge a valore di simbolo: «Non è il sole/ che riscalda la vita/ ma è il cuore/ di ognuno di noi!…», dove gli amici-amanti cercano e trovano degli emblemi, degli altri se stessi nel sole e nel cuore, assimilati e accomunati dalla intrinseca qualità di donare le dote pregnante, nobile: sapere riscaldare» (Fammi compagnia, 34ª lirica). Saper riscaldare, dunque, ma anche volere illuminare, cercare nella solarità del paesaggio la luce, la stessa luce che fece esclamare a Giorgio Calcagno quando “scese” da Torino a Salerno: «Questa luce!».

A. G. JATOSTI

Lascia un commento